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Archivio della Categoria 'Taccuino di Viaggio'

Il forte della signorina G.

venerdì 1 luglio 2011

c.capp.1660"… leggo il passare dei secoli su queste pietre scalfite dall’uomo, modellate dalla pioggia e dal vento, macchiate dal dilagare del muschio. Lo stesso tempo che vergherà di rughe il mio viso di velluto, che già proietta la sua inesorabile ombra sul dorso candido delle mie belle mani dalle unghie laccate di rosso vivo?"

Dalle pagine un po’ ingiallite del suo diario di fine anni Cinquanta, l’immaginaria signorina G. che vive sul Bastione S. Pietro di Ancona ci racconta il ciclico rifluire di pensieri che oscillano fra la ricerca di protezione, il senso di oppressione e la voglia d’evadere, per approdare all’ansia dello scorrere del tempo.

In mostra fino al 5 luglio (dalle 17:30 alle 19:30) a Palazzo Camerata di Ancona i lavori di Paola Bellucci, Fabrizio Berni, Rosella Centanni, Daniela Chiavacci, Silvia Traginelli, Raffaele Romagnoli e Giuseppe Vecchiotti, che hanno partecipato al laboratorio congiunto di fotografia e scrittura Forti d’Ancona organizzato da RaccontidiCittà in collaborazione con il Centro Sperimentale di Fotografia Amici di Carlo e grazie al coordinamento di Stefania Giuliani della Legatoria Librare, Francesca Manzotti e Ivana Pellegrini.

S.S.

Forti d’Ancona

domenica 27 marzo 2011

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“La mattina del 24 maggio 1789 (alle ore 7 italiane) spaventò tutti gli anconitani in modo straordinario. Ebbe la città una scossa orribile congiunta ad una detonazione spaventevole, per cui si aprirono molte porte degli appartamenti, si rovesciarono alcuni muri, e quasi tutte le vetrate si infransero.
Videsi il cielo coperto di fuoco, e densa nube oscura, che tramandava disgustoso odore: ed i sassi intanto piovevano su i tetti.
Ignorandosi la causa, molti credettero che battesse l’ultim’ora del mondo: e però la costernazione fu indescrivibile. Ma saputosi poco dopo ch’erasi incendiata la polveriera del baluardo S. Pietro, ognuno si rallegrò; e corse affollato il devoto popolo ai sagri tempj ed ai confessionali onde ringraziare il sommo Iddio e per purgare ancora la propria coscienza.
Diffatto, ad eccezione del polveri sta, niuno morì" [tratto da: Antonio Leoni, Ancona illustrata, Ancona, Tip. Baluffi, 1832].

Ancona, i suoi baluardi e le sue fortificazioni costituiscono il tema del laboratorio che RaccontidiCittà sta conducendo in collaborazione con il Centro Sperimentale di Fotografia Amici di Carlo del Circolo Culturale "Il Faro", sito nel centro storico del capoluogo dorico.

Il progetto rientra nell'ambito di una più ampia riflessione sulle affinità e sulle innumerevoli possibilità di incontro fra l'arte della fotografia e quella del racconto.

S.S.

Quella doppia trilogia della città di K.

martedì 14 dicembre 2010

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"Arriviamo dalla Grande Città. Abbiamo viaggiato tutta la notte. Nostra Madre ha gli occhi arrossati. Porta una grossa scatola di cartone, e noi due una piccola valigia a testa con i nostri vestiti, più il grosso dizionario di nostro Padre, che ci passiamo quando abbiamo le braccia stanche. Camminiamo a lungo. La casa di Nonna è lontana dalla stazione, all'altro capo della Piccola Città. Qui non ci sono tram, né autobus, né macchine. Circolano solo alcuni camion militari" [tratto da Agota Kristof, Trilogia della città di K., Einaudi 2005].

Rimane indistinta sullo sfondo chiazzato dal grigio della neve calpestata, la città di Agota Kristof. Perse in un imprecisato paese dell'Est, sulla neve di quelle strade travolte dall'ultima guerra, graffiate in modo nitido le impronte di Klaus e Lucas, due gemelli dall'intelligenza cruda e atroce. Figure nette benché intercambiabili, le loro, in un gioco a tratti perverso di identità che si sfiorano e poi si confondono [come quelle che popolano le nostre metropoli, ma qui i protagonisti sono due - o uno? o noi tutti?] e poi si sovrappongono amplificandosi, fino ad arrivare a specchiarsi, sancendo un'inesorabile frattura.

Una città abitata da pochi altri – e scarni – personaggi, raccontati con una scrittura dura, che guarda in faccia le tragedie e sa descriverle in modo asciutto e lucido, avvinghiandoci a una prosa suadente. Una scrittura serrata che incide dentro come una ferita profonda, la cui cicatrice rossa ci verrà voglia di continuare a carezzare nel tempo.

L'autrice, ungherese di nascita, ha lasciato il suo paese nel 1956 e vive in Svizzera.

S.S.

Impressioni d’Oriente (parte seconda)

mercoledì 4 novembre 2009

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Così scrisse lo storico cinese Sima Qian nel I sec a.C. (Memorie Storiche, cap. IV): Allora l’Imperatore parlò e disse: “Invierete 700.000 operai a lavorare alla mia tomba, scaverete il suolo fino all’affiorare dell’acqua, vi colerete del bronzo e sarò sepolto tra ori e pietre preziose. Costruirete balestre e frecce per impedire a chiunque di violare il mio riposo. Col mercurio si faranno oltre cento corsi d’acqua e grandi torce che dovranno restare accese per molto tempo. L’esercito dei miei guerrieri veglierà al mio capezzale in eterno”. Poi l’Imperatore morì. Quando la bara fu fatta discendere qualcuno disse che gli operai e gli artigiani che avevano lavorato alla tomba dell’Imperatore ne conoscevano i segreti e l’immenso valore dei tesori custoditi. Terminati i funerali fu fatta cadere la porta d’ingresso della camera mortuaria e vi furono chiusi all’interno tutti coloro che avevano lavorato alla tomba del Primo Imperatore. Essi non poterono più uscire.

Tale descrizione fu ritenuta fantastica da molti storici  e relegata al ruolo di leggenda; fino a quando, nel 1974, nei pressi di Lintong, un villaggio a nord-est di Xi’an, alcuni contadini portarono alla luce i primi reperti dell’esercito di terracotta posto a guardia del riposo del re, la cui tomba è stata localizzata, ma resta a tutt’oggi inviolata.

La città dei guerrieri, la scoperta archeologica più importante del XXI secolo, è definita da molti “l’ottava meraviglia del mondo”. I suoi guardiani, scolpiti nella pietra a grandezza naturale, sono armati di carri e cavalli. Nessun lineamento del volto è uguale all’altro, cittadini che traspirano umori e sentimenti, diversi stili di acconciature e perfino diversa suola delle scarpe. La città si estende per migliaia di chilometri quadrati, in eterna schiera. Si potrebbero trascorrere ore ad osservarla ed è come guardare una fotografia, come guardare l’oceano. E comprendere quante parole può dire ciò che sta in silenzio.
 
Elena Premoli

Impressioni d’Oriente (parte prima)

lunedì 14 settembre 2009

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Abbiamo il piacere di ospitare i testi e le immagini di Elena Premoli, la quale sta svolgendo un periodo di studi in Cina.
Elena ha partecipato ad un nostro corso organizzato a Milano nel maggio 2007.

Ci sono città che ti avvolgono, città che ti stancano, città che ti affascinano. Pechino ti compenetra perché sa renderti parte di sé, del suo instancabile fluire. Un formicaio di mille volti perché mille sono le persone, mille le strade, mille le automobili, mille le biciclette. Miliardi gli spazi e le distanze. Una città straziata dal continuo tiro alla fune di antico contro moderno, di pagode contro grattacieli, di giovani vestiti all’occidentale contro anziani che riflettono una Storia.

Quando ho alzato per la prima volta gli occhi contro il cielo era solo una densa coltre di fumo, ma ho scoperto che anche su Pechino sa brillare il sole e allora le insegne in caratteri colorati riflettono la luce; su Pechino sa soffiare il vento ed è buon auspicio liberare un aquilone e lasciarlo volare verso l’alto più alto possibile a contemplare la vita e ad esserne contemplato. (continua…)