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“Roma senza papa” di Guido Morselli

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Conosco giovani lettori che passano la gran parte della giornata in silenzio, distesi a letto in attesa di qualche piccolo segno di cedimento polmonare o di un sonoro fischietto bronchiale. Considerano infatti l’asma il simbolo più sincero della propria vocazione e il marchio indelebile del proprio talento. Dicono sia la malattia degli scrittori, l’asma, se è vero che grazie ad essa Proust restava insonne ad osservare le metamorfosi del cielo di Combray e Baudelaire ne presagiva i passi diabolici dei fantasmi della morte.

Io che per anni ne ho sofferto, trascorrendo lunghe ore a sorseggiare latte caldo, cognac freddo, estratti di cortisone, infusi di sambutanolo e distillati di eucaliptolo, sotto sotto posso dire che l’asma è invece una sorta di malocchio per l’educazione letteraria di uno scrittore. Interi mondi dell’immaginazione, interi tratti di paradiso ti sono preclusi, quando minuscoli acari pelosi passeggiano in lungo e in largo sulle pagine di un libro in preda al loro sfogo d’amore. Te ne stai lì con gli occhi lucidi che guardi ammirato la prima edizione dei racconti di Carlo Dossi e sai che non potrai mai leggerli perché nessun editore tanto sensibile arriverà mai a ristamparli e nessuna biblioteca avrà mai un addetto così zelante da arrivare a sottoporre la vecchia stampa ad un trattamento disinfettante. Guardi la copertina, li sfiori appena e senti già un certo prurito pizzicarti la pelle della mano.
Dedico quindi questa nuova rubrica a tutti coloro che ce l’hanno fatta, a guarire dall’asma, e sono riusciti a ficcare finalmente la loro faccia dentro l’orizzonte giallo e vetusto di uno splendido libro da bancarella.

Il primo libro che vado a sfogliare è Roma senza papa di Guido Morselli del 1974, pubblicato da Adelphi. Un libro originale, di uno scrittore anomalo, fuori dai percorsi editoriali che contano e proprio per questo capace di leggere la realtà con lo sguardo vigile del latitante. Roma senza papa è un scherzo crudele per noi lettori di oggi alle prese con certe sospette correnti restauratrici.
L’autore si diverte a immaginare la Roma del 2000, come una città femmina finalmente invecchiata, libera dai trucchi e dal decoro della sua elezione a divina cortigiana, alle prese con una leggerezza finora sconosciuta. Dopo Avignone e Viterbo, Zagarolo fa ora da base al soglio pontificio del nuovo papa Giovanni XXIII (davvero un bell’uomo, corteggiato da una sempre griffata Jacqueline Kennedy) e Roma si lascia andare al gioco frenetico degli incontri, delle combinazioni e degli innamoramenti tra occhi costretti da secoli all’indifferenza e alla cecità.

Immalinconisce pensare al respiro benefico di certe idee che non corrono più.
Dello stesso autore Il comunista, Un Dramma Borghese, Uomini e Amori e Divertimento 1889.

C.S.

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